In: Progetti0

27 maggio 2006

Il bunker n° 2 racchiudeva una postazione di mitragliatrici scavata all’interno di uno sperone di roccia, denominato storicamente “Busa de Banes”, con un’entrata, nel lato sud, a ridosso della scarpata del Montello ed un’apertura, nel lato nord, verso il Piave, dove erano posizionate le mitragliatrici puntate contro il nemico. Inizialmente, anche in questa postazione, la situazione che si presentava ai nostri occhi era di abbandono totale, con terra, sterpaglie ed alberi che a fatica ci facevano notare l’entrata. Come nella prima postazione, per il lavoro più faticoso, ci siamo avvalsi di un piccolo scavatore che, con nostra sorpresa, ha fatto subito affiorare degli scalini, scavati sulla roccia, che conducevano all’imbocco della piccola galleria. L’interno era completamente ostruito dal terriccio depositatosi nel tempo. I lavori di sbancamento del terreno, in questo contesto, si sono dovuti svolgere con piccone, badile e carriola, per trasportare il materiale in eccesso, poco per volta, fuori dalla galleria . Si è trattato di un lavoro lungo e delicato che ci ha permesso di ritrovare molti oggetti, di uso comune, dell’epoca. La sorpresa ed emozione più grande l’abbiamo avuta all’entrata dove, scavando manualmente, sul fondo, abbiamo visto affiorare parte di un fucile Carcano modello 1891, in dotazione alle nostre truppe. Una volta terminate le operazioni per liberare la galleria, l’attività si è concentrata nella ricostruzione e finitura con sacchi di sabbia di un muretto esterno di protezione, così come doveva essere originariamente. Molte sono le testimonianze storiche, in nostro possesso, degli ufficiali, di entrambi gli schieramenti che furono protagonisti degli eventi iniziali della “Battaglia del Solstizio”, che ci danno un’idea precisa dello svolgimento dei fatti proprio nella zona di nostro interesse. Il giorno 15 giugno, alle ore 3 precise, le artiglierie austriache iniziarono il bombardamento delle nostre linee, battendo dapprima le opere difensive (con piccoli e medi calibri) e le retrovie (con medi e grossi calibri). Verso le ore 4, tutte le artiglierie nemiche concentrarono il loro tiro sulle trincee, mentre un vivissimo fuoco di interdizione sbarrava le strade di accesso alla zona prescelta per l’attacco. Al tiro intenso delle granate comuni ed a liquidi speciali venne aggiunto pure l’uso di proiettili fumogeni, per cui tutta la superficie del fiume andò ricoprendosi di uno strato di nebbia densa e compatta di circa 20 metri d’altezza, che unitamente alla caligine del mattino ed al fuoco ed alla polvere degli scoppi, impedì ai nostri osservatori ed ai difensori delle postazioni di mitragliatrici di vedere ciò che succedeva sulla sponda avversaria o nel letto del fiume. Approfittando della visibilità quasi nulla, alle ore 5.10 la 31^ Divisione del XXIV Corpo d’Armata austroungarico incomincia a far traghettare il Piave ai propri reparti d’assalto (Sturmbaon) e dopo aver preso terra proprio davanti a Casa De Faveri occupa alle ore 6.15 la 1^ linea italiana. Le truppe austroungariche, dopo aver sopraffatto le postazioni della “linea marginale”, si inoltrano con decisione verso l’interno del Montello. L’ordine è categorico: avanzare il più rapidamente possibile verso ovest sulla strada marginale e verso Nervesa e percorrere, se non contrastati, le carrarecce che attraversano il Montello, lasciando ai rincalzi il compito dell’eliminazione dei caposaldi italiani che ancora resistono ed il rastrellamento delle zone conquistate. Alle ore 10 le truppe d’assalto austroungariche sono pericolosamente alle prime case di Nervesa. La situazione precipita.  Sopraffatti o circondati dalle colonne d’assalto, che fanno largo uso di lanciafiamme e di mitragliatrici portatili, molti soldati italiani sono fatti prigionieri. Tra le due linee si difendono qua e là nella boscaglia senza più coesione soltanto reparti isolati della 58^ Divisione: il 216° (Brigata Tevere), il 163° ed il 164° (Brigata Lucca) sono praticamente annientati e 70 pezzi di piccolo calibro e 50 bombarde perduti. L’attenta pianificazione delle operazioni e l’effetto sorpresa (molti dei nostri prigionieri parlano di truppe nemiche arrivate alle spalle, da dietro, con un’azione accerchiante) diede indubbi benefici agli attaccanti. Il crollo dell’intero dispositivo di difesa del settore centro-orientale del Montello fu dovuto essenzialmente al sommarsi di questi fattori: la combinazione della foschia, resa più densa dai proiettili fumogeni, dal fumo e dalla polvere degli scoppi aveva impedito alle nostre mitragliatrici e postazioni da lanciabombe di intervenire efficacemente nella fase iniziale dell’attacco; la mancanza di un utile sistema di comunicazione visivo dovuto alla particolarità del terreno con le sue tipiche ondulazioni del terreno (le “doline”) non aveva consentito di sapere quanto stesse accadendo in ogni altra zona, anche vicina; i nostri comandi avevano predisposto una resistenza elastica, costituita da più linee difensive (onde non ripetere Caporetto), sottovalutando la forza d’urto degli austroungarici, e quasi sacrificando la nostra prima linea marginale, poco e male controllata, composta da forze che avevano appena portato a termine il cambio in linea dei nostri battaglioni e quindi non ancora perfettamente a conoscenza del terreno nel quale si erano insediate. Nella relazione data dal Tenente Colonnello Cossio, comandante del 2° Battaglione del 163° Reggimento Fanteria (Brigata Lucca), catturato anch’esso il giorno 15 giugno, si legge, a conferma di quanto detto, di bombardamenti iniziali di violenza eccezionale; di scambio vivace, addirittura infernale, di tiri di artiglieria e di proiettili di tutti i calibri  che scoppiavano nell’aria e su tutta la superficie; di camminamenti, profondi anche due metri, dei quali non esisteva più traccia, sconvolti ed annientati dai bombardamenti; di comunicazioni telefoniche ben presto interrotte; di forte uso da parte del nemico di gas lacrimogeni; di gas tossici, in quantità minima, perché non producevano che un po’ di oppressione al respiro e bruciore alla gola. Seduto fuori del  proprio ricovero, disarmato e guardato a vista dagli austriaci, il Tenente Colonnello Cossio, con gli uomini a disposizione rimasti, vide, con molto rammarico e tristezza, le prime colonne di soldati italiani prigionieri scendere lungo la presa 4, dietro Casa De Faveri, e radunarsi sotto il costone, lungo la riva destra del Piave, in attesa, lui stesso, di essere traghettato nell’altra sponda del fiume. Per fortuna, dopo questa prima fase di disorientamento delle nostre truppe, arriveranno nei giorni seguenti episodi di audacia, sacrificio ed eroismo che cambieranno l’esito della “Battaglia del Solstizio”.