In: Battaglia del Solstizio0

Prima di tutto bisogna confermare l’esito finale della Battaglia del Solstizio: le operazioni erano terminate con un nulla di fatto riguardo agli obiettivi fissati, e quindi con un insuccesso austro-ungarico che non ammette discussioni.
Per quanto riguarda gli austro-ungarici dobbiamo riconoscere che avevano avuto una ottima preparazione militare, soprattutto i Battaglioni di “Sturmtruppen”, le “Truppe della tempesta”, specialisti nella lotta corpo a corpo, con i pugnali veri protagonisti, favoriti in un terreno come quello del Montello adatto agli aggiramenti ed alle imboscate.
La pianificazione della battaglia da parte loro fu all’altezza; funzionarono meno i collegamenti, questo per merito nostro, e nonostante il prodigarsi dei loro genieri, incerti furono i rifornimenti di munizioni e di viveri; pochi saranno i reparti che poterono avere sul Montello, qualche rara volta, il rancio caldo.
Ancora più numerose furono le difficoltà a cui dovette far fronte il loro servizio sanitario per prestare i soccorsi.
L’artiglieria austro-ungarica di appoggio sul Montello e di forza sulle alture che lo circondano a nord, nonostante gli sforzi profusi, non poté, come sperato, avere il sopravvento sulla nostra ed anche l’aviazione austriaca, su cui faceva grande conto il Generale Goiginger, poco poté contro la poderosa azione congiunta delle aviazioni italiana ed alleata.
Per quanto riguarda gli italiani, negativa fu la disposizione tattica iniziale del 15 giugno, con il già citato inopportuno cambio in linea delle brigate nella notte stessa dell’attacco.
Errata fu la valutazione delle forze nemiche attaccanti, di quasi tre volte più numerose.
Fiacca e male coordinata fu la reazione iniziale italiana.
Il Generale Pennella non ebbe subito un quadro preciso della situazione e, con colpevole ritardo,solo dopo mezzogiorno del 15 giugno comunica la gravità della situazione al Quartiere Generale e la necessità di inviare rinforzi per contrattaccare e ristabilire la situazione.
Altra manchevolezza fu l’impazienza con cui il Comando dell’VIII^ Armata tentò di risolvere al più presto e radicalmente la situazione. Impazienza che diede luogo ad una valutazione non sempre esatta dei tempi e delle difficoltà che le truppe dovevano superare.
Il fallimento dell’ambiziosa controffensiva del 19 giugno fu la conseguenza di tutto ciò.
Una condotta più difensiva e temporeggiatrice, unita ad un maggiore bombardamento, anche notturno, sui punti obbligati di traghettamento del Piave, avrebbe costretto gli austriaci, privati dei rifornimenti, ad abbandonare ugualmente il Montello, con un prezzo di vite umane molto inferiore a quello dovuto pagare.
Grandi furono anche le difficoltà di orientamento dei nostri soldati, mandati, con eccessiva fretta, in azioni controffensive, senza un minimo di conoscenza del terreno, ed elevato fu il numero dei dispersi italiani, facilmente catturati dal nemico.
Circa il contegno delle nostre truppe, i prigionieri austro-ungarici dichiararono che esse si sono battute bene e con coraggio, qualcuno ricorda degli episodi di valore veramente ammirevoli: però è generale il rimarco di certe lacune esistenti ancora nell’istruzione bellica delle nostre fanterie. “Il vostro soldato spreca il proprio valore personale” dicono “non sa sfruttare gli appigli del terreno per ripararsi e quasi mai avanza coperto; non conosce la tattica di aggirare gli ostacoli, ed è per questo che talvolta si slancia contro nidi di mitragliatrici, con mirabile ardimento, ma senza alcun frutto per il suo sacrificio. Egli non approfitta delle falle, che inevitabilmente si verificano in una massa che avanza, per infiltrarsi nelle file nemiche e frazionarle. Malgrado queste deficienze, il suo contegno è però sempre degno di ammirazione”.
Bene si comportò la nostra artiglieria pesante, con la collaborazione dell’aviazione, che fece un ottimo lavoro sugli attaccanti, sui ponti di barche e sull’artiglieria avversaria, piazzata sul Montello ed al di là del Piave.
Nonostante la vittoria finale, alle 21.30 del 23 giugno stesso, a battaglia appena conclusa, il Generale Armando Diaz fa emettere il comunicato che presenta il nuovo Comandante dell’VIII^ Armata, il Generale Enrico Caviglia, in seguito all’esonero immediato del Generale Giuseppe Pennella, al quale non saranno perdonate le manchevolezze sopra descritte.
Il nuovo Comandante riconoscerà comunque tutti i meriti della vittoria al suo predecessore.